Il decreto infrastrutture, fermo da luglio, aspetta il sì del governo: ma non ci sono compensazioni per il settore privato e per i lavori del Superbonus. Buia (Ance): così le imprese sono impossibilitate a rispettare i contratti, negli appalti serve trasparenza
Proprio mentre tira la domanda in tutti i comparti, decolla il 110% e sta per partire il Pnrr, il settore delle costruzioni rischia il blocco, stretto da una morsa composta dal rincaro dei prezzi delle materie prime, dalla scarsità di molti materiali (per i ponteggi in acciaio sono necessari non meno di sei mesi fra l’ordine e la consegna), dalla carenza di manodopera specializzata per i cantieri. In ballo c’è il rispetto dei contratti firmati e anche il rischio di premiare con i lavori in arrivo solo una piccola parte del settore, senza una crescita a largo spettro. Problemi noti da tempo su cui le associazioni di categoria, Ance in prima fila, hanno da tempo lanciato l’allarme. Una fotografia che ben rappresenta un’economia italiana sospesa oggi fra scenari di grande sviluppo potenziale e l’incubo dell’occasione perduta.
Prima doveva essere risolto tutto con il Dl semplificazioni, che invece ha imbarcato poco o niente. A seguire, la zattera di salvataggio doveva essere il «decreto Infrastrutture» composto di norme di competenza Mims a 360 gradi. Ipotizzato a giugno, rinviato a luglio e poi a settembre, con la motivazione ufficiale che non si sarebbe potuto convertire in tempo per l’ingorgo parlamentare, è stato oggetto di contrasti fra Mims e Mef. Se si fa eccezione per le compensazioni dei rincari nei lavori pubblici – entrate nel Sostegni bis – nulla è successo.
Ora il Dl è in agenda per uno dei prossimi Cdm, ma le ultime bozze risalgono a fine luglio. E dei provvedimenti chiesti dalle imprese, al momento, neanche l’ombra. «Se non mettiamo in campo subito misure capaci di superare la carenza di manodopera e di materiali – dice il presidente dell’Ance, Gabriele Buia – il grande sviluppo annunciato per i prossimi mesi, che pure in potenza c’è, rischia di svanire, con buona pace del Pil italiano». La preoccupazione dei costruttori è che dietro il mantra “fare in fretta”, i tempi di discussione delle norme più utili alle imprese seguano i soliti riti e conflitti.